Morto bin Laden. Suicidi di massa nel reparto audiovisivi di Trony. (E Spinoza.it mi può ben fare una pippa.)
Osama bin Laden è morto. Nel silenzio pù assoluto dei media, senza che nessuno gli dedicasse un "coccodrillo", un elogio funebre, un articolo celebrativo. L'oblio è calato su questo artista arabo capace di ridare lustro ad un genere, l'invettiva ironica, che nel corso degli anni aveva perso il suo appeal sul pubblico. Come dimenticare la sua opera più importante, la celeberrima "L'America è il Grande Satana" in cui si può apprezzare tutto il suo gusto per l'umorismo e per l'accentuazione assurda; nella recitazione strizza l'occhio ai grandissimi, come al Charlie Chaplin de "Il Grande Dittatore" o i Fratelli Marx de "La guerra lampo". Capacità interpretative di questo livello non sono vedono molte in giro, oggigiorno. Questo artista ci mancherà.
(Per anni, Osama ha cercato di piazzare sue istallazioni alla Biennale di Venezia, ma ha ricevuto solamente sonori rifiuti. Gli organizzatori non gli hanno mai perdonato un passo falso giovanile: quel breve video porno girato con 72 vergini.)
Nel suo computer, un testamento commovente: in un video privato, Osama confessa ad un familiare quanto gli sarebbe piaciuto, una volta resa bianca dal tempo la sua barba, fare la controfigura di Babbo Natale.
Nel frattempo, il noto deejay iraniano Ahmadinejad ha dichiarato di essere al lavoro sul remix di un'altra sua celeberrima invettiva: "Israele sarà rasa al suolo!" Speriamo che questa riscoperta postuma basti a ridare i giusti meriti ad un artista, in vita, ingiustamente sottovalutato.